Resoconto riunione internazionale per la Palestina e contro imperialismo e repressione

Approvato al meeting internazionale del 16/12 da: PO (Argentina); SEP (Turchia); NAR (Grecia); Forza 18 Ottobre (Cile); Gruppo Vilcapaza e MST-P (Perù); Occhio di Classe (Italia); Politica Rivoluzionaria e Tribuna Classista (Brasile); Inqilabin Sesi (Azerbaigian)

 

 

 

Il 16 dicembre 2023 si è tenuto un incontro virtuale tra le organizzazioni di 8 Paesi che hanno firmato la dichiarazione internazionale intitolata “Mobilitiamoci in tutto il mondo per la vittoria della lotta palestinese. Abbasso lo Stato terrorista di Israele”. Lo scopo dell’incontro era quello di discutere una campagna di diffusione della dichiarazione e di promuovere con tutti i mezzi a nostra disposizione la mobilitazione internazionale contro il genocidio in Palestina e a sostegno della resistenza del suo popolo.

Le organizzazioni presenti in plenaria hanno ratificato i termini della dichiarazione. È necessario fermare il genocidio dello Stato sionista a Gaza. Dopo il breve cessate il fuoco, Israele ha ripreso i bombardamenti e le incursioni massicce, anche nel sud di Gaza, con carri armati, elicotteri e bulldozer che demoliscono e incendiano le case facendo vittime palestinesi al loro interno. Più di 18.000 (al momento circa 21.000, n.d.r.) persone sono già state uccise – un gran numero sono bambini – a causa dell’azione dell’esercito israeliano, sostenuto dall’imperialismo statunitense ed europeo. Due milioni di persone sono state sfollate.

Gli attacchi nel sud rappresentano un drammatico peggioramento della situazione umanitaria, con oltre due milioni di persone ammassate nel sud, a seguito dell’ordine di evacuazione israeliano e dei continui bombardamenti nel nord. Inoltre, Israele è avanzato in Cisgiordania e ha effettuato ulteriori bombardamenti e schermaglie in Libano. L’azione del 7 ottobre è stata la risposta legittima alla continua aggressione dello Stato israeliano genocida, portata avanti dall’esercito e dai coloni, che ha incluso la privazione di acqua ed elettricità per il popolo palestinese.

In questo contesto, massicce mobilitazioni di solidarietà con il popolo palestinese e la sua coraggiosa resistenza hanno avuto luogo in tutti i continenti, comprese azioni dei lavoratori che hanno sabotato il trasferimento di armi destinate all’esercito israeliano e uno sciopero in Cisgiordania. Dobbiamo estendere la solidarietà alla Palestina e denunciare in ogni Paese il genocidio di Israele e il sostegno dei governi che lo sostengono.

Per quanto riguarda i termini della dichiarazione, il dibattito dell’incontro ha introdotto più punti di quelli inclusi nelle dichiarazioni. La forma di azione politica della classe operaia in ogni Paese ha un punto centrale nella richiesta a ciascuno dei nostri governi di rompere le relazioni diplomatiche e commerciali con lo Stato di Israele, come molte delle organizzazioni presenti avevano già chiesto. Ribadiamo che la richiesta del diritto al ritorno del popolo palestinese e la richiesta di una Palestina laica, unita e socialista sono incompatibili con la permanenza dello Stato sionista, enclave militare dell’imperialismo, che non può coesistere pacificamente con la popolazione precedente. Un’altra interessante aggiunta ai termini della dichiarazione è stata l’analisi della campagna di sostegno a Israele, che riguarda la maggior parte dei governi borghesi, con un ampio ruolo dell’ultradestra. Un’assurda espressione di ciò sono state le manifestazioni in molte città europee apparentemente invocate “contro l’antisemitismo”, ma parte di una campagna maccartista contro coloro che denunciano il genocidio sionista, organizzate in realtà dalle ultradestre, compresi molti attuali neonazisti e sostenitori del fascismo, i quali sono veri antisemiti e sostengono lo stato di apartheid e pulizia etnica di Israele come esempio da seguire.

Abbiamo anche votato una dichiarazione che rifiuta la criminalizzazione degli attivisti in Argentina – intrapresa dal sionismo e dall’imperialismo – e una dichiarazione che chiede la fine delle condanne e delle accuse contro chi è perseguitato per aver manifestato.

Tra le altre iniziative di diffusione, le organizzazioni partecipanti pubblicheranno il documento sui nostri giornali e social network, registreranno un video comune con i contenuti della dichiarazione internazionale e realizzeranno conferenze e attività di presentazione pubblica.

 

 

Argentina: abbasso la persecuzione contro chi difende il popolo palestinese

In un contesto di massiccia solidarietà internazionale con il popolo palestinese, la lotta per questa causa in Argentina ha incontrato la reazione del sionismo, che cerca, sotto la protezione dello Stato, di criminalizzare i combattenti.

Cristian Díaz, operaio metallurgico del quartiere Florencio Varela, è rinchiuso nel carcere di Marcos Paz per aver manifestato a favore del popolo palestinese. Heber Hernández, militante del PSTU, è stato imprigionato (ora rilasciato) per aver parlato nella stessa direzione. I leader e gli attivisti di sinistra hanno subito molteplici minacce. Una delle più gravi è stata quella lanciata dall’organizzazione sionista fascista Betar contro il Partido Obrero.

Qualche settimana fa, la deputata e attivista del Partido Obrero Vanina Biasi è stata denunciata penalmente dal pubblico ministero Carlos Stornelli per essersi espressa a favore della lotta del popolo palestinese contro lo Stato genocida di Israele.

Il procedimento penale arriva dopo l’intervento pubblico di lunedì 27 novembre al Congresso nazionale, promosso dai deputati del Frente de Izquierda, in solidarietà con la Palestina e in denuncia del genocidio. All’intervento pubblico hanno partecipato più di 200 difensori dei diritti umani (Nora Cortiñas, Madre di Plaza de Mayo, Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace, tra gli altri), della comunità palestinese e araba e delle organizzazioni sociali, culturali, sindacali e politiche che sostengono questa causa.

In seguito, la deputata Sabrina Ajmechet (PRO – partito macrista), paradossalmente presidente della Commissione “libertà di espressione”, ha presentato al Congresso una richiesta di ripudio della iniziativa (cercando di stabilire quali argomenti potessero essere affrontati e quali, come il sostegno alla Palestina, no) e un’altra contro Vanina Biasi, una delle voci più attive su questa causa nel Paese.

Per confondere, equiparano sionismo ed ebraismo, in modo che ogni denuncia e messa in discussione del sionismo venga presentata come un atto antisemita. Ma si tratta di due cose assolutamente diverse. Nel caso del sionismo, si tratta di un’entità statale, basata sull’espulsione e la pulizia etnica del popolo palestinese. L’ebraismo, invece, esprime una cultura multiforme e una comunità mondiale in cui convivono correnti con punti di vista politici, intellettuali e persino religiosi vari e diversi, tra cui molti giovani e lavoratori che si dichiarano antisionisti e che hanno alzato la voce contro il massacro sionista.

Le organizzazioni riunite il 16 dicembre 2023 si pronunciano contro la persecuzione del governo e dello Stato argentino contro i lavoratori e gli attivisti che condannano l’azione dello Stato sionista, così come contro la campagna di persecuzione e intimidazione che si sta portando avanti in tutto il mondo.

Libertà per Cristian Díaz.

Il caso del procuratore Stornelli contro Vanina Biasi deve essere archiviato. No al suo processo.

Difendere la lotta del popolo palestinese e condannare lo Stato di Israele non è antisemitismo.

Difesa della libertà di opinione e di espressione. Ripudio del deputato macrista Ajmechet.

 

 

Argentina: solidarietà a César Arakaki e Daniel Ruiz

Le organizzazioni sottoscriventi chiedono l’assoluzione dei compagni César Arakaki e Daniel Ruiz, condannati dalla giustizia borghese argentina per la loro partecipazione alle giornate di mobilitazione del dicembre 2017 contro la riforma delle pensioni promossa dall’allora presidente Mauricio Macri. Le condanne contro César e Daniel sono state confermate e, nel caso di César, significherebbero una pena detentiva di oltre 3 anni. Daniel, dal canto suo, ha già subito una detenzione di oltre un anno.

Il caso contro i compagni ha oltrepassato tutto il periodo dell’amministrazione di Alberto e Cristina Fernandez, senza che il governo peronista abbia mai fatto una dichiarazione per chiedere la loro libertà. Con il governo di Milei non ci si può aspettare altro che un’intensificazione della repressione e della persecuzione politica e sindacale. La punizione di César e Daniel è un messaggio che la classe capitalista nel suo complesso, indipendentemente dalle sue fazioni e dai partiti che la rappresentano, vuole inviare a tutta la classe operaia argentina.

Nei prossimi mesi, i lavoratori argentini dovranno affrontare un piano di resa del Paese e di attacco alle loro condizioni di vita, che si baserà inevitabilmente sulla riduzione delle libertà democratiche. Il governo ha appena emanato un “protocollo” per regolare e reprimere le manifestazioni popolari, il quale vieta il diritto alla protesta. Dobbiamo affrontarlo e ottenere, attraverso la mobilitazione e la lotta, l’assoluzione di César e Daniel.

 

 

Libertà per i prigionieri politici e i lavoratori sindacalizzati in Azerbaigian

La protesta dei contadini, iniziata a giugno nella regione di Gedebey, in Azerbaigian, per l’avvelenamento di massa causato dagli scarti di cianuro delle miniere d’oro di Aliyev, ha scatenato la rinascita dell’opposizione, che si era assopita dopo la guerra del Nagorno-Karabakh. Il regime ha represso duramente la protesta e ha persino isolato l’intera regione con le forze di polizia. In seguito alle proteste contro la brutalità della polizia, il regime di Aliyev ha attaccato sui social media i giovani di sinistra o coloro che semplicemente rifiutavano la repressione. Con una campagna statale oppressiva, il governo di Aliyev ha iniziato a imprigionare coloro che sostengono coraggiosamente i contadini. Il nostro compagno, uno dei membri dell’organizzazione Inqilabin Sesi, e molte altre persone sono state arrestate arbitrariamente, torturate e imprigionate. Il regime di Aliyev, che era già un regime autoritario e oppressivo, dopo questo incidente ha aumentato ulteriormente la pressione.

Il regime oppressivo di Aliyev attacca anche il movimento dei lavoratori. I membri dell’Unione dell’Associazione dei corrieri, che avevano annunciato di voler protestare contro la legge sugli trasportatori, sono stati arrestati prima della protesta. Il leader del sindacato Afiaddin Mammadov e i corrieri Aykhan Israfilov e Elvin Mustafayev sono attualmente in carcere. L’amministrazione carceraria non permette loro nemmeno di leggere i libri inviati dalle famiglie. La polizia molesta gli altri membri del sindacato seguendoli a casa e per strada, minacciandoli nel caso non abbandonino il sindacato.

A novembre, il regime ha preso di mira Abzas Media, che ha denunciato la corruzione di oligarchi di alto rango e della famiglia Aliyev. Persone conosciute per aver lavorato insieme o rilasciato interviste ad Abzas Media sono state imprigionate dopo che le loro case sono state perquisite sulla base di false prove.

Finora sono stati imprigionati, con false accuse, giornalisti indipendenti come Ulvi Hasanli, Sevinj Vagifgizi, Teymur Karimov, Hafiz Babali, Aziz Orukhov, Nargiz Absalamova e Mahammad Kekalov. Mohyaddin Orukhov, che aveva criticato Aliyev su Instagram, è stato torturato e imprigionato a ottobre. Dopo il suo rilascio, Orukhov è stato nuovamente imprigionato per aver denunciato le torture della polizia. I giornalisti hanno iniziato a essere imprigionati alla vigilia dell’improvvisa decisione di Aliyev di tenere le elezioni presidenziali il 7 febbraio. L’oppressione di Aliyev raggiunge pure i politici borghesi: anche Tofig Yagublu, leader del partito Musavat, uno dei principali partiti borghesi di opposizione, è stato recentemente incarcerato con accuse inventate.

Tutti i regimi reazionari oppressivi della regione, da Erdogan a Putin a Netanyahu, si danno forza a vicenda. Non c’è altra via contro il marcio regime di Aliyev, basato su oligarchi, corruzione e oppressione, che un movimento proletario fraterno in cui tutte le nazioni della regione si sveglino.

 

Libertà per tutti i prigionieri politici in Azerbaigian!

Libertà per i corrieri e i sindacalisti imprigionati!

Libertà per i giornalisti imprigionati!

Abbasso il regime borghese oligarchico di Aliyev!

Per una Federazione socialista del Caucaso!

 

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Resoconto riunione internazionale per la Palestina e contro imperialismo e repressione

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Approvato al meeting internazionale del 16/12 da: PO (Argentina); SEP (Turchia); NAR (Grecia); Forza 18 Ottobre (Cile); Gruppo Vilcapaza e MST-P (Perù); Occhio di Classe (Italia); Politica Rivoluzionaria e Tribuna Classista (Brasile); Inqilabin Sesi (Azerbaigian)

 

 

 

Il 16 dicembre 2023 si è tenuto un incontro virtuale tra le organizzazioni di 8 Paesi che hanno firmato la dichiarazione internazionale intitolata “Mobilitiamoci in tutto il mondo per la vittoria della lotta palestinese. Abbasso lo Stato terrorista di Israele”. Lo scopo dell’incontro era quello di discutere una campagna di diffusione della dichiarazione e di promuovere con tutti i mezzi a nostra disposizione la mobilitazione internazionale contro il genocidio in Palestina e a sostegno della resistenza del suo popolo.

Le organizzazioni presenti in plenaria hanno ratificato i termini della dichiarazione. È necessario fermare il genocidio dello Stato sionista a Gaza. Dopo il breve cessate il fuoco, Israele ha ripreso i bombardamenti e le incursioni massicce, anche nel sud di Gaza, con carri armati, elicotteri e bulldozer che demoliscono e incendiano le case facendo vittime palestinesi al loro interno. Più di 18.000 (al momento circa 21.000, n.d.r.) persone sono già state uccise – un gran numero sono bambini – a causa dell’azione dell’esercito israeliano, sostenuto dall’imperialismo statunitense ed europeo. Due milioni di persone sono state sfollate.

Gli attacchi nel sud rappresentano un drammatico peggioramento della situazione umanitaria, con oltre due milioni di persone ammassate nel sud, a seguito dell’ordine di evacuazione israeliano e dei continui bombardamenti nel nord. Inoltre, Israele è avanzato in Cisgiordania e ha effettuato ulteriori bombardamenti e schermaglie in Libano. L’azione del 7 ottobre è stata la risposta legittima alla continua aggressione dello Stato israeliano genocida, portata avanti dall’esercito e dai coloni, che ha incluso la privazione di acqua ed elettricità per il popolo palestinese.

In questo contesto, massicce mobilitazioni di solidarietà con il popolo palestinese e la sua coraggiosa resistenza hanno avuto luogo in tutti i continenti, comprese azioni dei lavoratori che hanno sabotato il trasferimento di armi destinate all’esercito israeliano e uno sciopero in Cisgiordania. Dobbiamo estendere la solidarietà alla Palestina e denunciare in ogni Paese il genocidio di Israele e il sostegno dei governi che lo sostengono.

Per quanto riguarda i termini della dichiarazione, il dibattito dell’incontro ha introdotto più punti di quelli inclusi nelle dichiarazioni. La forma di azione politica della classe operaia in ogni Paese ha un punto centrale nella richiesta a ciascuno dei nostri governi di rompere le relazioni diplomatiche e commerciali con lo Stato di Israele, come molte delle organizzazioni presenti avevano già chiesto. Ribadiamo che la richiesta del diritto al ritorno del popolo palestinese e la richiesta di una Palestina laica, unita e socialista sono incompatibili con la permanenza dello Stato sionista, enclave militare dell’imperialismo, che non può coesistere pacificamente con la popolazione precedente. Un’altra interessante aggiunta ai termini della dichiarazione è stata l’analisi della campagna di sostegno a Israele, che riguarda la maggior parte dei governi borghesi, con un ampio ruolo dell’ultradestra. Un’assurda espressione di ciò sono state le manifestazioni in molte città europee apparentemente invocate “contro l’antisemitismo”, ma parte di una campagna maccartista contro coloro che denunciano il genocidio sionista, organizzate in realtà dalle ultradestre, compresi molti attuali neonazisti e sostenitori del fascismo, i quali sono veri antisemiti e sostengono lo stato di apartheid e pulizia etnica di Israele come esempio da seguire.

Abbiamo anche votato una dichiarazione che rifiuta la criminalizzazione degli attivisti in Argentina – intrapresa dal sionismo e dall’imperialismo – e una dichiarazione che chiede la fine delle condanne e delle accuse contro chi è perseguitato per aver manifestato.

Tra le altre iniziative di diffusione, le organizzazioni partecipanti pubblicheranno il documento sui nostri giornali e social network, registreranno un video comune con i contenuti della dichiarazione internazionale e realizzeranno conferenze e attività di presentazione pubblica.

 

 

Argentina: abbasso la persecuzione contro chi difende il popolo palestinese

In un contesto di massiccia solidarietà internazionale con il popolo palestinese, la lotta per questa causa in Argentina ha incontrato la reazione del sionismo, che cerca, sotto la protezione dello Stato, di criminalizzare i combattenti.

Cristian Díaz, operaio metallurgico del quartiere Florencio Varela, è rinchiuso nel carcere di Marcos Paz per aver manifestato a favore del popolo palestinese. Heber Hernández, militante del PSTU, è stato imprigionato (ora rilasciato) per aver parlato nella stessa direzione. I leader e gli attivisti di sinistra hanno subito molteplici minacce. Una delle più gravi è stata quella lanciata dall’organizzazione sionista fascista Betar contro il Partido Obrero.

Qualche settimana fa, la deputata e attivista del Partido Obrero Vanina Biasi è stata denunciata penalmente dal pubblico ministero Carlos Stornelli per essersi espressa a favore della lotta del popolo palestinese contro lo Stato genocida di Israele.

Il procedimento penale arriva dopo l’intervento pubblico di lunedì 27 novembre al Congresso nazionale, promosso dai deputati del Frente de Izquierda, in solidarietà con la Palestina e in denuncia del genocidio. All’intervento pubblico hanno partecipato più di 200 difensori dei diritti umani (Nora Cortiñas, Madre di Plaza de Mayo, Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace, tra gli altri), della comunità palestinese e araba e delle organizzazioni sociali, culturali, sindacali e politiche che sostengono questa causa.

In seguito, la deputata Sabrina Ajmechet (PRO – partito macrista), paradossalmente presidente della Commissione “libertà di espressione”, ha presentato al Congresso una richiesta di ripudio della iniziativa (cercando di stabilire quali argomenti potessero essere affrontati e quali, come il sostegno alla Palestina, no) e un’altra contro Vanina Biasi, una delle voci più attive su questa causa nel Paese.

Per confondere, equiparano sionismo ed ebraismo, in modo che ogni denuncia e messa in discussione del sionismo venga presentata come un atto antisemita. Ma si tratta di due cose assolutamente diverse. Nel caso del sionismo, si tratta di un’entità statale, basata sull’espulsione e la pulizia etnica del popolo palestinese. L’ebraismo, invece, esprime una cultura multiforme e una comunità mondiale in cui convivono correnti con punti di vista politici, intellettuali e persino religiosi vari e diversi, tra cui molti giovani e lavoratori che si dichiarano antisionisti e che hanno alzato la voce contro il massacro sionista.

Le organizzazioni riunite il 16 dicembre 2023 si pronunciano contro la persecuzione del governo e dello Stato argentino contro i lavoratori e gli attivisti che condannano l’azione dello Stato sionista, così come contro la campagna di persecuzione e intimidazione che si sta portando avanti in tutto il mondo.

Libertà per Cristian Díaz.

Il caso del procuratore Stornelli contro Vanina Biasi deve essere archiviato. No al suo processo.

Difendere la lotta del popolo palestinese e condannare lo Stato di Israele non è antisemitismo.

Difesa della libertà di opinione e di espressione. Ripudio del deputato macrista Ajmechet.

 

 

Argentina: solidarietà a César Arakaki e Daniel Ruiz

Le organizzazioni sottoscriventi chiedono l’assoluzione dei compagni César Arakaki e Daniel Ruiz, condannati dalla giustizia borghese argentina per la loro partecipazione alle giornate di mobilitazione del dicembre 2017 contro la riforma delle pensioni promossa dall’allora presidente Mauricio Macri. Le condanne contro César e Daniel sono state confermate e, nel caso di César, significherebbero una pena detentiva di oltre 3 anni. Daniel, dal canto suo, ha già subito una detenzione di oltre un anno.

Il caso contro i compagni ha oltrepassato tutto il periodo dell’amministrazione di Alberto e Cristina Fernandez, senza che il governo peronista abbia mai fatto una dichiarazione per chiedere la loro libertà. Con il governo di Milei non ci si può aspettare altro che un’intensificazione della repressione e della persecuzione politica e sindacale. La punizione di César e Daniel è un messaggio che la classe capitalista nel suo complesso, indipendentemente dalle sue fazioni e dai partiti che la rappresentano, vuole inviare a tutta la classe operaia argentina.

Nei prossimi mesi, i lavoratori argentini dovranno affrontare un piano di resa del Paese e di attacco alle loro condizioni di vita, che si baserà inevitabilmente sulla riduzione delle libertà democratiche. Il governo ha appena emanato un “protocollo” per regolare e reprimere le manifestazioni popolari, il quale vieta il diritto alla protesta. Dobbiamo affrontarlo e ottenere, attraverso la mobilitazione e la lotta, l’assoluzione di César e Daniel.

 

 

Libertà per i prigionieri politici e i lavoratori sindacalizzati in Azerbaigian

La protesta dei contadini, iniziata a giugno nella regione di Gedebey, in Azerbaigian, per l’avvelenamento di massa causato dagli scarti di cianuro delle miniere d’oro di Aliyev, ha scatenato la rinascita dell’opposizione, che si era assopita dopo la guerra del Nagorno-Karabakh. Il regime ha represso duramente la protesta e ha persino isolato l’intera regione con le forze di polizia. In seguito alle proteste contro la brutalità della polizia, il regime di Aliyev ha attaccato sui social media i giovani di sinistra o coloro che semplicemente rifiutavano la repressione. Con una campagna statale oppressiva, il governo di Aliyev ha iniziato a imprigionare coloro che sostengono coraggiosamente i contadini. Il nostro compagno, uno dei membri dell’organizzazione Inqilabin Sesi, e molte altre persone sono state arrestate arbitrariamente, torturate e imprigionate. Il regime di Aliyev, che era già un regime autoritario e oppressivo, dopo questo incidente ha aumentato ulteriormente la pressione.

Il regime oppressivo di Aliyev attacca anche il movimento dei lavoratori. I membri dell’Unione dell’Associazione dei corrieri, che avevano annunciato di voler protestare contro la legge sugli trasportatori, sono stati arrestati prima della protesta. Il leader del sindacato Afiaddin Mammadov e i corrieri Aykhan Israfilov e Elvin Mustafayev sono attualmente in carcere. L’amministrazione carceraria non permette loro nemmeno di leggere i libri inviati dalle famiglie. La polizia molesta gli altri membri del sindacato seguendoli a casa e per strada, minacciandoli nel caso non abbandonino il sindacato.

A novembre, il regime ha preso di mira Abzas Media, che ha denunciato la corruzione di oligarchi di alto rango e della famiglia Aliyev. Persone conosciute per aver lavorato insieme o rilasciato interviste ad Abzas Media sono state imprigionate dopo che le loro case sono state perquisite sulla base di false prove.

Finora sono stati imprigionati, con false accuse, giornalisti indipendenti come Ulvi Hasanli, Sevinj Vagifgizi, Teymur Karimov, Hafiz Babali, Aziz Orukhov, Nargiz Absalamova e Mahammad Kekalov. Mohyaddin Orukhov, che aveva criticato Aliyev su Instagram, è stato torturato e imprigionato a ottobre. Dopo il suo rilascio, Orukhov è stato nuovamente imprigionato per aver denunciato le torture della polizia. I giornalisti hanno iniziato a essere imprigionati alla vigilia dell’improvvisa decisione di Aliyev di tenere le elezioni presidenziali il 7 febbraio. L’oppressione di Aliyev raggiunge pure i politici borghesi: anche Tofig Yagublu, leader del partito Musavat, uno dei principali partiti borghesi di opposizione, è stato recentemente incarcerato con accuse inventate.

Tutti i regimi reazionari oppressivi della regione, da Erdogan a Putin a Netanyahu, si danno forza a vicenda. Non c’è altra via contro il marcio regime di Aliyev, basato su oligarchi, corruzione e oppressione, che un movimento proletario fraterno in cui tutte le nazioni della regione si sveglino.

 

Libertà per tutti i prigionieri politici in Azerbaigian!

Libertà per i corrieri e i sindacalisti imprigionati!

Libertà per i giornalisti imprigionati!

Abbasso il regime borghese oligarchico di Aliyev!

Per una Federazione socialista del Caucaso!

 

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