Non sosteniamo politicamente e non votiamo né Milei né Massa

Pubblichiamo di seguito la risoluzione della conferenza elettorale del Partido Obrero in vista del ballottaggio presidenziale che si terrà domenica in Argentina, condividendone analisi e posizionamento.

 

 

Combattiamo Milei e chiamiamo a sfidare “l’unità nazionale di aggiustamento” contro i lavoratori di Massa.

 

1. Il ballottaggio è un’estorsione perché obbliga una parte importante della popolazione a votare alternative che non sono le sue e con le quali non si identifica. Si tratta di un tentativo di forzare ampie fasce della popolazione tra opzioni di “aggiustamento” (delle politiche interne, soprattutto in campo economico per andar incontro alle richieste del FMI con cui l’Argentina è tra i Paesi più indebitati, d.t.), di offensiva contro i lavoratori. Nel nostro caso, la sinistra e l’avanguardia della lotta, che ha presentato una propria posizione nelle elezioni generali sia contro Massa che contro Milei, rappresenta una indebita pressione a sostegno di un governo che ha portato il paese nel baratro e ha attuato un enorme aggiustamento, in nome del rifiuto di una variante fascistizzante.

Ma la crescita politica di Milei è inscindibile da un bilancio del governo di Alberto Fernández, Cristina Fernández e Sergio Massa. Da un lato, si trattava di un governo che si è insediato in un quadro di entusiasmo popolare, avendo sostenuto che si stava per chiudere con l’aggiustamento di Macri. Il bilancio di questi quattro anni dice il contrario: i salari sono ai minimi storici, la povertà raggiunge il 40% della popolazione, la distribuzione del reddito è peggiorata, il paese è soggetto ad un accordo coloniale con il Fondo monetario che ha aggravato l’insieme delle contraddizioni economiche e sociali. Come sosteniamo, l’emergere di questa opposizione di destra è il risultato del fallimento delle forze che ci governano. Milei ha sfruttato fino alle elezioni la denuncia di una “casta” che va in giro sugli yacht a Marbella mentre la povertà raggiunge livelli record.

In secondo luogo, il peronismo ha alimentato Milei in mille modi, come un mezzo per dividere l’opposizione e alimentare le proprie possibilità elettorali. Non solo questo si è visto nell’armamento delle liste elettorali nella provincia di Buenos Aires o nella fiscalizzazione durante le Paso, ma anche nella presenza nei canali insieme ai padroni legati a Sergio Massa, nel sostegno di consulenti comuni e un lungo ecc. Coloro che lodano Massa come un quadro politico non tengono conto del fatto che il paese è arrivato a questa estorsione, in parte, sull’impulso che il peronismo ha fornito a Milei.

Anche con la rimonta post Paso, per effetto del sostegno di settori della borghesia, della mobilitazione politica dei governatori del PJ e persino di settori del radicalismo, il governo ha ottenuto 9.121.000 voti. Sono 3.800.000 voti in meno di quelli ottenuti nel 2019 da Alberto Fernández contro Macri. La perdita di questi quasi 4 milioni di voti è responsabilità esclusiva del peronismo.

 

2.È chiaro che la candidatura di Milei rappresenta un tentativo di alterare l’attuale regime politico in funzione di stabilire una prova di forza contro i lavoratori per eliminare conquiste storiche e avanzare nella colonizzazione dell’Argentina da parte dei fondi di investimento internazionali. Questo contenuto ha incluso Villarruel nella formula (Victoria Villaruel, politica negazionista dei crimini compiuti dai militari argentini tra il 1976 e il 1983, d.t.), il negazionismo e il salvataggio di quel negazionismo fatto da Milei nel dibattito presidenziale. Ma tale formula ha perso e c’è anche una svolta verso il centro-destra a questo punto, con la promessa a Bullrich del Ministero della Sicurezza, certamente assecondando un filone repressivo, ma che non configura una proposta di governo civico militare come lo era chiaramente quello di Bolsonaro, anche con i limitati risultati ottenuti dal brasiliano, sconfitto dalla svolta impressa dalla borghesia brasiliana verso un governo di unità nazionale. Tuttavia, continueremo a combatterlo con tutta la nostra forza. Ma è anche chiaro che Milei non ha raccolto le risorse politiche per portare avanti questo tentativo. La sua sconfitta nel primo turno lo aveva lasciato sull’orlo della rinuncia alla candidatura, a causa della mancanza di sostegno in un quadro di stallo elettorale. Macri e Bullrich sono venuti a salvarlo da questa crisi, ma il patto che ne deriva sta rompendo La libertà Avanza (l’organizzazione politica fondata da Milei, n.d.t.). Milei non è ancora riuscito a riunire settori chiave della borghesia attorno a un sostegno al suo programma. Macri, prima dell’istanza del ballottaggio, era considerato un “perdivoti” ed era stato cancellato dalla campagna elettorale; Bullrich, a sua volta, è la grande sconfitta delle recenti elezioni. Milei ha contro la chiesa, buona parte dei media, gran parte della borghesia nazionale e Biden. Il piano di “unità nazionale” proposto da Massa è stato in primo luogo una proposta dell’ambasciatore americano Marc Stanley. Il presidente della Corte Suprema ha pubblicamente sostenuto la proposta per un governo di unità nazionale.

Più che risolvere queste contraddizioni, il patto con Macri le sta mettendo ancora più in evidenza. Melconian (ex-presidente della Banca centrale argentina, ora in politica, n.d.t.) ha aggregato la fondazione Mediterranea dopo il sostegno a Bullrich, ma ora non accompagna il passaggio nel campo di Milei. Inoltre, secondo Lanata (Jorge Ernesto Lanata è uno dei più noti giornalisti argentini, n.d.t.), Massa ha offerto un posto nel suo governo a Carlo Melconian, che potrebbe essere un indicatore del passaggio della Fondazione Mediterranea nel campo di Massa. Questi settori del capitalismo non condividono la sua proposta di “dollarizzazione” (adozione del dollaro come moneta, n.d.t.), così come l’Unione Industriale Argentina UIA, l’associazione delle banche, ecc. La lotta intorno a una definizione finale del programma di Milei genera crisi su entrambi i lati della nuova coalizione e ha un finale aperto. Tra coloro che lo sostengono, a partire dal tandem Macri-Bullrich, si chiede di abbandonare la dollarizzazione. Ma, in ogni caso, Milei continua a ribadire che eliminerà la Banca centrale, il che significa lasciare le banche nazionali senza prestatori di ultima istanza. Il sistema bancario è fortemente esposto all’indebitamento pubblico, e una corsa alla pre-dollarizzazione potrebbe portarlo alla fine, come è stato ammonito di fronte a questa sua richiesta in vista delle elezioni generali. L’Unione Industriale, a sua volta, difende i generosi sussidi che riceve dallo Stato, i contratti di lavoro pubblici e che potrebbero essere tagliati dalla motosega (in campagna elettorale Milei ha esibito una motosega per simboleggiare la guerra alla “casta”, n.d.t.) in caso di trionfo di Milei, come la continuazione di barriere tariffarie e protezionistiche in opposizione ad un’apertura delle importazioni, in particolare le più competitive. Per questi motivi, protende in modo schiacciante a favore di Massa. Hanno accolto l’accordo Macri-Milei i detentori di obbligazioni in dollari, che sono entusiasti del fatto che un governo completamente colonizzato dal capitale finanziario possa sostenere il valore delle loro obbligazioni e l’incursione di fondi di investimento internazionali che potrebbero restare con le imprese locali. È probabile che alcuni settori del capitale agricolo siano d’accordo con la proposta che una riduzione delle tasse all’esportazione e l’abolizione delle ganasce potrebbero migliorare le condizioni per gli esportatori. Ma bisogna anche tener presente che la stessa Società Rurale si è pronunciata contro l’eliminazione dell’opera pubblica proposta da Milei.

Il tentativo di Macri di assemblare un blocco con Milei dovrà risolvere queste incoerenze di fondo che comporteranno nuove crisi. L’alleanza Macri Milei ha implicato la rottura di Propuesta Republicana (partito di Macri, n.d.t.) e anche di Juntos por el Cambio (la relativa coalizione, n.d.t.). La maggior parte dei governatori radicali rimane dalla parte di Massa. Morales (Gerardo Morales, governatore, specialista in repressione, della provincia di Jujuy per l’Unione Civica Radicale https://occhiodiclasse.it/dichiarazione-internazionale-a-sostegno-della-lotta-di-jujuy-e-per-arakaki-e-ruiz/, n.d.t.) è passato al campo del sostegno a Massa con grande entusiasmo, sostenendo che “tutto quello che dobbiamo fare perché Milei non vinca lo faremo”. Dopo il patto con Morales e i governatori del nord c’è il peso delle miniere, che hanno in Massa un alleato strategico. Il blocco “votobianchista” di Juntos por el Cambio include la maggior parte dei governatori delle province di peso, la restante parte di Propuesta Republicana che raggruppa Larreta e Vidal, Carrió e Pichetto ecc. Si tratta di un blocco politico che riflette interessi capitalisti di grande peso. Lo stesso Jorge Macri si è finora dichiarato nel campo della neutralità, come parte, probabilmente, del patto per far scendere Santoro (Leandro Santoro, deputato del Frente de Todos, n.d.t.) nel ballottaggio porteño. Dietro la relativa mancanza di padrini da parte di Milei ci sono motivi di fondo che non riguardano solo il suo piano economico. Per la borghesia rappresenta ancora un “salto nel vuoto”. Le dittature o i regimi fascisti sono il risultato di offensive controrivoluzionarie della borghesia. Sono legati alle mobilitazioni popolari di portata rivoluzionaria che li hanno preceduti. L’ascesa della Tripla A e il colpo di Stato del ’76 furono una reazione al Cordobazo e agli scioperi di giugno e luglio del ’75; il fascismo e il nazismo tedesco sono stati un contraccolpo contro la rivoluzione russa e contro la marea rivoluzionaria che si era fatta strada nel continente europeo. Il colpo di Stato del ’30 si inscrive in questa tendenza e fu preceduto dalle grandi mobilitazioni operaie sotto il radicalismo, tuttavia non poté evitare il formidabile sciopero generale del ’36. Per contro, attualmente non è ancora presente un’ascesa operaia che metta sotto scacco le forze del regime, che hanno trattenuto a sé la classe operaia tramite lo schema di cooptazione della burocrazia sindacale e piquetera, a un governo che ha portato la povertà al 40%. Per questo è sbagliato dire che nell’elezione si gioca una lotta tra democrazia e fascismo. Questa lettura fa parte della seconda estorsione: quella del peronismo che spinge per il voto a Massa, consigliato da Lula e dalla sua squadra.

 

3.La questione repressiva in Argentina non si pone sotto la scelta tra democrazia o fascismo, ma sotto quella dell’aggravarsi della persecuzione, sotto meccanismi legali e giudiziari, contro i dirigenti delle principali lotte Questa tendenza si sta acutizzando, come vediamo nell’avanzamento delle istanze giudiziarie contro César Arakaki (militante del Partido Obrero, condannato assieme a Daniel Ruiz del Pstu per “intimidazione pubblica” e aggressione all’autorità pubblica, con un fuoco d’artificio!, n.d.t.), nella persecuzione giudiziaria per mano del sionismo, nelle elevazioni a giudizio delle cause contro gli attivisti a Chubut, il tentativo di metterle in piedi a Jujuy e Mendoza, il rinvio a giudizio per sei picchetti in una mobilitazione a Cordova, la modifica del quadro accusatorio contro gli insegnanti e gli statali a Santa Cruz e un quadro globale generalizzato di procedimenti giudiziari. È, per il momento, la strategia centrale delle forze della borghesia per dotarsi di una linea repressiva contro i movimenti di lotta, quando non raggiungono risultati tramite la via della cooptazione dei sindacati e delle organizzazioni ufficiali. All’interno di Propuesta Republicana a CABA, Lousteau (Martìn Lousteau, senatore dell’Unione Civica Radicale) ha sollecitato questa politica di criminalizzazione, rivendicando Morales. La portano avanti i governatori di Massa con particolare accanimento, come mostra Arcioni a Chubut o Sáenz a Salta, con la persecuzione degli attivisti dello sciopero degli insegnanti. Questa linea è richiesta apertamente dal radicalismo. Il patto di Morales che pretende Massa porta ad aggravare questo orientamento. Una linea apertamente repressiva contro le mobilitazioni popolari, come quella proposta da Milei e da Bullrich può portare invece a grandi mobilitazioni e sollevazioni popolari, che hanno un risultato imprevedibile. Come si vede, siamo molto lontani dalla situazione nell’Argentina di Cámpora (1973), dove il trionfo del peronismo portò ad una mobilitazione nel carcere di Devoto per liberare i prigionieri politici. E anche dalla situazione in Cile, dove il fatto che Boric fosse preso come riferimento della ribellione popolare e canalizzasse l’aspettativa di ottenere alcune delle rivendicazioni che ne derivavano, come la libertà dei prigionieri politici, è stato un movente fondamentale per sostenere la sua candidatura (anche se la sua politica, come hanno rivelato i fatti, era in direzione opposta). La democrazia repressiva che stiamo vivendo ha fatto appello alla cooptazione come politica di contenimento delle masse. Si è così dimostrata uno strumento storicamente adeguato per la borghesia di fronte ai movimenti popolari, per la sua maggiore stabilità rispetto alle dittature, ad esempio, degli anni ’70.

 

4.La candidatura di Massa conta per le elezioni del 19 novembre sul sostegno maggioritario delle corporazioni capitaliste nazionali e internazionali e dell’ambasciata nordamericana, da cui ha preso la decisione di convocare un governo di unità nazionale allo scopo di raccogliere la forza necessaria per rafforzare la sua politica di scarico della crisi sulle spalle dei lavoratori, sotto la tutela del FMI, che sostiene entrambi i candidati. La sconfitta di Bullrich alle elezioni ha lasciato fuori la principale candidata della classe capitalista nel paese. L’appello ad un “governo di unità nazionale” da parte di Massa mira a conquistare anche gli appoggi dei settori della borghesia che confidano in Massa come canale per portare avanti le riforme strutturali richieste, con il sostegno della burocrazia sindacale, delle organizzazioni sociali, dei governatori e dei patti con l’opposizione radicale all’interno del Congresso. Al contrario, l’alleanza tra Macri e Milei non raccoglierebbe più di 80 deputati. Di fronte a questa carenza, Milei ha annunciato che ricorrerà ad un meccanismo plebiscitario che mira a saltare il Congresso, cioè un abbozzo di bonapartismo di crisi. Proposito ora relativizzato in funzione della sua svolta di centrodestra dopo l’alleanza con Macri.

Sebbene il maggior sostegno della classe capitalista non sia di per sé sufficiente per garantire un trionfo elettorale, il fatto di correre “con il cavallo dell’arbitro” è importante per qualsiasi candidato. Per il partito, la denuncia di questa politica di “unità nazionale” ha un valore centrale, poiché è attraverso ciò che si impone una linea di collaborazione di classe che rafforza la politica di aggiustamento dell’attuale sistema politico ufficiale e l’isolamento delle lotte operaie e popolari. La paura di Milei sta funzionando come un fattore che unisce l’attivismo operaio e popolare che preferisce “non muoversi tra le onde” per evitare un trionfo del “libertario” (così si è autodefinito Milei, n.d.t.). Ma questa passività è il terreno fertile per l’imposizione di nuove misure reazionarie e antioperaie, chiunque vinca. Dobbiamo combattere con tutti gli strumenti a nostra disposizione questa collaborazione politica, tanto più che essa si presenta come uno strumento permanente nel caso in cui vinca Massa: di fronte al pericolo della “destra”, occorre ingoiare qualsiasi rospo. La linea di sostegno a Massa, operazione estorsiva della burocrazia sindacale, è una linea di sconfitta del movimento operaio, lo disarma, lo smobilita, anche e soprattutto nel caso di un trionfo di Milei. Noi siamo una corrente combattiva, di azione diretta delle masse per lottare contro i responsabili di una crisi che avrà un esito convulsivo contro quelle stesse masse a causa dell’imminenza di un Rodrigazo (nome dato a un insieme di politiche economiche argentine del 1975 e il nome deriva dal fatto che le politiche furono opera di Celestino Rodrigo, ministro dell’Economia nominato dalla presidente Isabel Perón, n.d.t.) visto tutto ciò che abbiamo analizzato.

In queste condizioni, le mobilitazioni che ci sono state prima del ballottaggio sono state fortemente governate dalla burocrazia sindacale, che ha inscenato un sostegno a Massa. Non c’è stata una tendenza ad una mobilitazione che superasse questi limiti come a suo tempo in Brasile, con lo slogan “Ele nao” contro Bolsonaro, quando chiamammo a votare Haddad. Il nostro voto fu fortemente condizionato da quella situazione. Oggi, invece, il voto a Massa non è in nessun modo un canale che esprima tendenze indipendenti, ma un voto sotto l’estorsione delle conseguenze che può avere il trionfo di Milei.

 

5.Di fronte a questa situazione il Partido Obrero non appoggia politicamente né vota nessuno dei candidati presenti. Siamo consapevoli che una parte dell’elettorato di sinistra si orienta per il voto a Massa, sotto un’estorsione montata ad arte. È necessario rafforzare la spiegazione del fatto che l’orientamento in atto, di un governo di unità nazionale con l’imperialismo, cercherà di utilizzare questi voti per rafforzare una politica antioperaia. Combattiamo Milei e chiamiamo ad affrontare l’unità nazionale di aggiustamento di Massa contro i lavoratori. La definizione del voto in un ballottaggio non è semplicemente una decisione tattica ma coinvolge sempre principi politici. Quando ci siamo posizionati per il voto a Boric, Castillo, Petro o il Mas in Bolivia lo abbiamo fatto consapevoli che si trattasse di usare il voto per affrontare espressioni politiche che arrivavano direttamente per liquidare il quadro creato da grandi ribellioni popolari. Lo abbiamo fatto sulla base di una posizione indipendente e denunciando gli obiettivi delle direzioni nazionaliste in ogni caso. Ma in queste condizioni, è in gioco per i lavoratori la possibilità di continuare a sviluppare grandi mobilitazioni di massa e di strutturare una propria alternativa politica sulla base di esse. Nel caso specifico del voto ad Arce in Bolivia, il voto al MAS si iscriveva nell’enorme ribellione che ha schiacciato il colpo di Stato e che ha costretto alla convocazione delle elezioni. Non chiamare a votare contro varianti fasciste in quelle condizioni significava astenersi in una situazione in cui la lotta elettorale stava esprimendo in maniera deformata uno scontro di classi sociali. Lo stesso si può dire quando abbiamo chiamato a votare Evo Morales davanti a Quiroga, nel 2005. Invece, abbiamo votato “in bianco” (scheda bianca o astensione, d.t.) nel ballottaggio (che non si è mai realizzato) tra Kirchner e Menem nel 2003, anche se apparentemente “non erano la stessa cosa”, perché Kirchner veniva a ricomporre l’autorità dello Stato su altre basi politiche, caduto il governo di De la Rúa ed esaurita l’esperienza di Duhalde. Una corrente operaia in un Paese oppresso non può essere estranea ad uno scontro politico tra classi sociali, pur agendo in totale indipendenza dalle direzioni della piccola borghesia. Ancor meno ci si deve astenere in uno scontro con l’imperialismo, tanto più quando comporta la mobilitazione delle forze della classe operaia e della piccola borghesia. Ma nella situazione attuale, l’imperialismo sotto l’ala di Biden è con Massa, che inoltre chiede di inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche del paese, e conta sulla burocrazia sindacale per garantire la passività della classe operaia in nome di un maggiore adeguamento contro i lavoratori. Questo rifiuto dell’astensionismo rispetto ai grandi shock di classe non può essere confuso con un confronto di programmi secondo il parametro del “male minore”. I programmi della borghesia non sono mai “gli stessi”, né “quasi gli stessi”. Non erano “la stessa cosa” tra Fernández e Macri e tra Macri e Scioli, perché proponevano varianti diverse all’interno della borghesia per affrontare i problemi posti dalla crisi nazionale e dall’esaurimento dello schema economico del kirchnerismo. Non erano la stessa cosa tra Macron e Le Pen, e chiedemmo di votare in bianco, nonostante le caratteristiche fasciste di Le Pen, Macron però rappresentava senza dubbio la variante più adatta agli interessi dell’imperialismo francese e dell’Unione Europea e un aggravamento del carattere repressivo della democrazia, come si è visto di fronte ai grandi scioperi sulle pensioni o alla ribellione dei giovani immigrati. Non erano la stessa cosa nemmeno Trump e Biden. Lo scontro tra i due è arrivato al punto che il magnate immobiliare ha promosso un colpo di Stato con la presa del Campidoglio. Il candidato democratico, tuttavia, era l’opzione che contava sul favoritismo della classe capitalista e in questo senso, abbiamo difeso una via e delle candidature indipendenti, in opposizione alla sottomissione della sinistra al Partito Democratico, un pilastro dell’ordine imperialista.

 

6.Il governo di unità nazionale con la destra, lungi dal porre fine al Mileismo, alimenterà le posizioni fasciste. Per questo invitiamo i lavoratori a deliberare e organizzarsi per affrontare l’esito della crisi che si avvicina. In funzione di questo obiettivo il Partido Obrero convocherà i settori combattivi e indipendenti del movimento operaio e popolare, e la sinistra, per sollecitare istanze di deliberazione, organizzazione e mobilitazione allo scopo di rafforzare un blocco di lotta e di indipendenza di classe.

La mappa politica del paese si sta riconfigurando in due varianti fortemente di destra: da un lato il blocco pro-imperialista di Massa accanto all’Unione Civica Radicale, dal l’altro un blocco Macri-Mileista che deve ancora uniformare un proprio disegno nel quadro della campagna pre-ballottaggio. Questo nuovo allineamento di forze rivela uno spostamento a destra che riflette il peso dell’agenda della borghesia nella situazione politica e la relativa debolezza della classe operaia. Massa è il Menem di questa tappa, nata dal peronismo con l’agenda del FMI XXIesimo secolo: austerità fiscale, rimpatrio e ristrutturazione del debito contro le masse, ulteriori riforme del lavoro, riforme anti-previdenziali, tariffe, colonizzazione del litio, di Vacca Morta (grande giacimento di petrolio e gas in Patagonia, n.d.t.) e altre risorse strategiche.

 

7.Per lottare su tali basi il Partido Obrero farà dichiarazioni nazionali e organizzerà discorsi e manifestazioni per diffondere la sua posizione. Finché reggerà una posizione corrispondente con i partiti del Fronte di Sinistra-Unità (FIT-U) promuoveremo attività di fronte unico. Combattiamo il reazionario Milei e affrontiamo l’unità nazionale di Massa contro i lavoratori. Non votiamo né l’uno né l’altro.

 

Link al testo originale:

 

https://po.org.ar/comunicados/no-apoyamos-politicamente-ni-votamos-ni-a-milei-ni-a-massa/

 

https://prensaobrera.com/politicas/no-apoyamos-politicamente-ni-votamos-ni-a-milei-ni-a-massa

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Non sosteniamo politicamente e non votiamo né Milei né Massa

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Pubblichiamo di seguito la risoluzione della conferenza elettorale del Partido Obrero in vista del ballottaggio presidenziale che si terrà domenica in Argentina, condividendone analisi e posizionamento.

 

 

Combattiamo Milei e chiamiamo a sfidare “l’unità nazionale di aggiustamento” contro i lavoratori di Massa.

 

1. Il ballottaggio è un’estorsione perché obbliga una parte importante della popolazione a votare alternative che non sono le sue e con le quali non si identifica. Si tratta di un tentativo di forzare ampie fasce della popolazione tra opzioni di “aggiustamento” (delle politiche interne, soprattutto in campo economico per andar incontro alle richieste del FMI con cui l’Argentina è tra i Paesi più indebitati, d.t.), di offensiva contro i lavoratori. Nel nostro caso, la sinistra e l’avanguardia della lotta, che ha presentato una propria posizione nelle elezioni generali sia contro Massa che contro Milei, rappresenta una indebita pressione a sostegno di un governo che ha portato il paese nel baratro e ha attuato un enorme aggiustamento, in nome del rifiuto di una variante fascistizzante.

Ma la crescita politica di Milei è inscindibile da un bilancio del governo di Alberto Fernández, Cristina Fernández e Sergio Massa. Da un lato, si trattava di un governo che si è insediato in un quadro di entusiasmo popolare, avendo sostenuto che si stava per chiudere con l’aggiustamento di Macri. Il bilancio di questi quattro anni dice il contrario: i salari sono ai minimi storici, la povertà raggiunge il 40% della popolazione, la distribuzione del reddito è peggiorata, il paese è soggetto ad un accordo coloniale con il Fondo monetario che ha aggravato l’insieme delle contraddizioni economiche e sociali. Come sosteniamo, l’emergere di questa opposizione di destra è il risultato del fallimento delle forze che ci governano. Milei ha sfruttato fino alle elezioni la denuncia di una “casta” che va in giro sugli yacht a Marbella mentre la povertà raggiunge livelli record.

In secondo luogo, il peronismo ha alimentato Milei in mille modi, come un mezzo per dividere l’opposizione e alimentare le proprie possibilità elettorali. Non solo questo si è visto nell’armamento delle liste elettorali nella provincia di Buenos Aires o nella fiscalizzazione durante le Paso, ma anche nella presenza nei canali insieme ai padroni legati a Sergio Massa, nel sostegno di consulenti comuni e un lungo ecc. Coloro che lodano Massa come un quadro politico non tengono conto del fatto che il paese è arrivato a questa estorsione, in parte, sull’impulso che il peronismo ha fornito a Milei.

Anche con la rimonta post Paso, per effetto del sostegno di settori della borghesia, della mobilitazione politica dei governatori del PJ e persino di settori del radicalismo, il governo ha ottenuto 9.121.000 voti. Sono 3.800.000 voti in meno di quelli ottenuti nel 2019 da Alberto Fernández contro Macri. La perdita di questi quasi 4 milioni di voti è responsabilità esclusiva del peronismo.

 

2.È chiaro che la candidatura di Milei rappresenta un tentativo di alterare l’attuale regime politico in funzione di stabilire una prova di forza contro i lavoratori per eliminare conquiste storiche e avanzare nella colonizzazione dell’Argentina da parte dei fondi di investimento internazionali. Questo contenuto ha incluso Villarruel nella formula (Victoria Villaruel, politica negazionista dei crimini compiuti dai militari argentini tra il 1976 e il 1983, d.t.), il negazionismo e il salvataggio di quel negazionismo fatto da Milei nel dibattito presidenziale. Ma tale formula ha perso e c’è anche una svolta verso il centro-destra a questo punto, con la promessa a Bullrich del Ministero della Sicurezza, certamente assecondando un filone repressivo, ma che non configura una proposta di governo civico militare come lo era chiaramente quello di Bolsonaro, anche con i limitati risultati ottenuti dal brasiliano, sconfitto dalla svolta impressa dalla borghesia brasiliana verso un governo di unità nazionale. Tuttavia, continueremo a combatterlo con tutta la nostra forza. Ma è anche chiaro che Milei non ha raccolto le risorse politiche per portare avanti questo tentativo. La sua sconfitta nel primo turno lo aveva lasciato sull’orlo della rinuncia alla candidatura, a causa della mancanza di sostegno in un quadro di stallo elettorale. Macri e Bullrich sono venuti a salvarlo da questa crisi, ma il patto che ne deriva sta rompendo La libertà Avanza (l’organizzazione politica fondata da Milei, n.d.t.). Milei non è ancora riuscito a riunire settori chiave della borghesia attorno a un sostegno al suo programma. Macri, prima dell’istanza del ballottaggio, era considerato un “perdivoti” ed era stato cancellato dalla campagna elettorale; Bullrich, a sua volta, è la grande sconfitta delle recenti elezioni. Milei ha contro la chiesa, buona parte dei media, gran parte della borghesia nazionale e Biden. Il piano di “unità nazionale” proposto da Massa è stato in primo luogo una proposta dell’ambasciatore americano Marc Stanley. Il presidente della Corte Suprema ha pubblicamente sostenuto la proposta per un governo di unità nazionale.

Più che risolvere queste contraddizioni, il patto con Macri le sta mettendo ancora più in evidenza. Melconian (ex-presidente della Banca centrale argentina, ora in politica, n.d.t.) ha aggregato la fondazione Mediterranea dopo il sostegno a Bullrich, ma ora non accompagna il passaggio nel campo di Milei. Inoltre, secondo Lanata (Jorge Ernesto Lanata è uno dei più noti giornalisti argentini, n.d.t.), Massa ha offerto un posto nel suo governo a Carlo Melconian, che potrebbe essere un indicatore del passaggio della Fondazione Mediterranea nel campo di Massa. Questi settori del capitalismo non condividono la sua proposta di “dollarizzazione” (adozione del dollaro come moneta, n.d.t.), così come l’Unione Industriale Argentina UIA, l’associazione delle banche, ecc. La lotta intorno a una definizione finale del programma di Milei genera crisi su entrambi i lati della nuova coalizione e ha un finale aperto. Tra coloro che lo sostengono, a partire dal tandem Macri-Bullrich, si chiede di abbandonare la dollarizzazione. Ma, in ogni caso, Milei continua a ribadire che eliminerà la Banca centrale, il che significa lasciare le banche nazionali senza prestatori di ultima istanza. Il sistema bancario è fortemente esposto all’indebitamento pubblico, e una corsa alla pre-dollarizzazione potrebbe portarlo alla fine, come è stato ammonito di fronte a questa sua richiesta in vista delle elezioni generali. L’Unione Industriale, a sua volta, difende i generosi sussidi che riceve dallo Stato, i contratti di lavoro pubblici e che potrebbero essere tagliati dalla motosega (in campagna elettorale Milei ha esibito una motosega per simboleggiare la guerra alla “casta”, n.d.t.) in caso di trionfo di Milei, come la continuazione di barriere tariffarie e protezionistiche in opposizione ad un’apertura delle importazioni, in particolare le più competitive. Per questi motivi, protende in modo schiacciante a favore di Massa. Hanno accolto l’accordo Macri-Milei i detentori di obbligazioni in dollari, che sono entusiasti del fatto che un governo completamente colonizzato dal capitale finanziario possa sostenere il valore delle loro obbligazioni e l’incursione di fondi di investimento internazionali che potrebbero restare con le imprese locali. È probabile che alcuni settori del capitale agricolo siano d’accordo con la proposta che una riduzione delle tasse all’esportazione e l’abolizione delle ganasce potrebbero migliorare le condizioni per gli esportatori. Ma bisogna anche tener presente che la stessa Società Rurale si è pronunciata contro l’eliminazione dell’opera pubblica proposta da Milei.

Il tentativo di Macri di assemblare un blocco con Milei dovrà risolvere queste incoerenze di fondo che comporteranno nuove crisi. L’alleanza Macri Milei ha implicato la rottura di Propuesta Republicana (partito di Macri, n.d.t.) e anche di Juntos por el Cambio (la relativa coalizione, n.d.t.). La maggior parte dei governatori radicali rimane dalla parte di Massa. Morales (Gerardo Morales, governatore, specialista in repressione, della provincia di Jujuy per l’Unione Civica Radicale https://occhiodiclasse.it/dichiarazione-internazionale-a-sostegno-della-lotta-di-jujuy-e-per-arakaki-e-ruiz/, n.d.t.) è passato al campo del sostegno a Massa con grande entusiasmo, sostenendo che “tutto quello che dobbiamo fare perché Milei non vinca lo faremo”. Dopo il patto con Morales e i governatori del nord c’è il peso delle miniere, che hanno in Massa un alleato strategico. Il blocco “votobianchista” di Juntos por el Cambio include la maggior parte dei governatori delle province di peso, la restante parte di Propuesta Republicana che raggruppa Larreta e Vidal, Carrió e Pichetto ecc. Si tratta di un blocco politico che riflette interessi capitalisti di grande peso. Lo stesso Jorge Macri si è finora dichiarato nel campo della neutralità, come parte, probabilmente, del patto per far scendere Santoro (Leandro Santoro, deputato del Frente de Todos, n.d.t.) nel ballottaggio porteño. Dietro la relativa mancanza di padrini da parte di Milei ci sono motivi di fondo che non riguardano solo il suo piano economico. Per la borghesia rappresenta ancora un “salto nel vuoto”. Le dittature o i regimi fascisti sono il risultato di offensive controrivoluzionarie della borghesia. Sono legati alle mobilitazioni popolari di portata rivoluzionaria che li hanno preceduti. L’ascesa della Tripla A e il colpo di Stato del ’76 furono una reazione al Cordobazo e agli scioperi di giugno e luglio del ’75; il fascismo e il nazismo tedesco sono stati un contraccolpo contro la rivoluzione russa e contro la marea rivoluzionaria che si era fatta strada nel continente europeo. Il colpo di Stato del ’30 si inscrive in questa tendenza e fu preceduto dalle grandi mobilitazioni operaie sotto il radicalismo, tuttavia non poté evitare il formidabile sciopero generale del ’36. Per contro, attualmente non è ancora presente un’ascesa operaia che metta sotto scacco le forze del regime, che hanno trattenuto a sé la classe operaia tramite lo schema di cooptazione della burocrazia sindacale e piquetera, a un governo che ha portato la povertà al 40%. Per questo è sbagliato dire che nell’elezione si gioca una lotta tra democrazia e fascismo. Questa lettura fa parte della seconda estorsione: quella del peronismo che spinge per il voto a Massa, consigliato da Lula e dalla sua squadra.

 

3.La questione repressiva in Argentina non si pone sotto la scelta tra democrazia o fascismo, ma sotto quella dell’aggravarsi della persecuzione, sotto meccanismi legali e giudiziari, contro i dirigenti delle principali lotte Questa tendenza si sta acutizzando, come vediamo nell’avanzamento delle istanze giudiziarie contro César Arakaki (militante del Partido Obrero, condannato assieme a Daniel Ruiz del Pstu per “intimidazione pubblica” e aggressione all’autorità pubblica, con un fuoco d’artificio!, n.d.t.), nella persecuzione giudiziaria per mano del sionismo, nelle elevazioni a giudizio delle cause contro gli attivisti a Chubut, il tentativo di metterle in piedi a Jujuy e Mendoza, il rinvio a giudizio per sei picchetti in una mobilitazione a Cordova, la modifica del quadro accusatorio contro gli insegnanti e gli statali a Santa Cruz e un quadro globale generalizzato di procedimenti giudiziari. È, per il momento, la strategia centrale delle forze della borghesia per dotarsi di una linea repressiva contro i movimenti di lotta, quando non raggiungono risultati tramite la via della cooptazione dei sindacati e delle organizzazioni ufficiali. All’interno di Propuesta Republicana a CABA, Lousteau (Martìn Lousteau, senatore dell’Unione Civica Radicale) ha sollecitato questa politica di criminalizzazione, rivendicando Morales. La portano avanti i governatori di Massa con particolare accanimento, come mostra Arcioni a Chubut o Sáenz a Salta, con la persecuzione degli attivisti dello sciopero degli insegnanti. Questa linea è richiesta apertamente dal radicalismo. Il patto di Morales che pretende Massa porta ad aggravare questo orientamento. Una linea apertamente repressiva contro le mobilitazioni popolari, come quella proposta da Milei e da Bullrich può portare invece a grandi mobilitazioni e sollevazioni popolari, che hanno un risultato imprevedibile. Come si vede, siamo molto lontani dalla situazione nell’Argentina di Cámpora (1973), dove il trionfo del peronismo portò ad una mobilitazione nel carcere di Devoto per liberare i prigionieri politici. E anche dalla situazione in Cile, dove il fatto che Boric fosse preso come riferimento della ribellione popolare e canalizzasse l’aspettativa di ottenere alcune delle rivendicazioni che ne derivavano, come la libertà dei prigionieri politici, è stato un movente fondamentale per sostenere la sua candidatura (anche se la sua politica, come hanno rivelato i fatti, era in direzione opposta). La democrazia repressiva che stiamo vivendo ha fatto appello alla cooptazione come politica di contenimento delle masse. Si è così dimostrata uno strumento storicamente adeguato per la borghesia di fronte ai movimenti popolari, per la sua maggiore stabilità rispetto alle dittature, ad esempio, degli anni ’70.

 

4.La candidatura di Massa conta per le elezioni del 19 novembre sul sostegno maggioritario delle corporazioni capitaliste nazionali e internazionali e dell’ambasciata nordamericana, da cui ha preso la decisione di convocare un governo di unità nazionale allo scopo di raccogliere la forza necessaria per rafforzare la sua politica di scarico della crisi sulle spalle dei lavoratori, sotto la tutela del FMI, che sostiene entrambi i candidati. La sconfitta di Bullrich alle elezioni ha lasciato fuori la principale candidata della classe capitalista nel paese. L’appello ad un “governo di unità nazionale” da parte di Massa mira a conquistare anche gli appoggi dei settori della borghesia che confidano in Massa come canale per portare avanti le riforme strutturali richieste, con il sostegno della burocrazia sindacale, delle organizzazioni sociali, dei governatori e dei patti con l’opposizione radicale all’interno del Congresso. Al contrario, l’alleanza tra Macri e Milei non raccoglierebbe più di 80 deputati. Di fronte a questa carenza, Milei ha annunciato che ricorrerà ad un meccanismo plebiscitario che mira a saltare il Congresso, cioè un abbozzo di bonapartismo di crisi. Proposito ora relativizzato in funzione della sua svolta di centrodestra dopo l’alleanza con Macri.

Sebbene il maggior sostegno della classe capitalista non sia di per sé sufficiente per garantire un trionfo elettorale, il fatto di correre “con il cavallo dell’arbitro” è importante per qualsiasi candidato. Per il partito, la denuncia di questa politica di “unità nazionale” ha un valore centrale, poiché è attraverso ciò che si impone una linea di collaborazione di classe che rafforza la politica di aggiustamento dell’attuale sistema politico ufficiale e l’isolamento delle lotte operaie e popolari. La paura di Milei sta funzionando come un fattore che unisce l’attivismo operaio e popolare che preferisce “non muoversi tra le onde” per evitare un trionfo del “libertario” (così si è autodefinito Milei, n.d.t.). Ma questa passività è il terreno fertile per l’imposizione di nuove misure reazionarie e antioperaie, chiunque vinca. Dobbiamo combattere con tutti gli strumenti a nostra disposizione questa collaborazione politica, tanto più che essa si presenta come uno strumento permanente nel caso in cui vinca Massa: di fronte al pericolo della “destra”, occorre ingoiare qualsiasi rospo. La linea di sostegno a Massa, operazione estorsiva della burocrazia sindacale, è una linea di sconfitta del movimento operaio, lo disarma, lo smobilita, anche e soprattutto nel caso di un trionfo di Milei. Noi siamo una corrente combattiva, di azione diretta delle masse per lottare contro i responsabili di una crisi che avrà un esito convulsivo contro quelle stesse masse a causa dell’imminenza di un Rodrigazo (nome dato a un insieme di politiche economiche argentine del 1975 e il nome deriva dal fatto che le politiche furono opera di Celestino Rodrigo, ministro dell’Economia nominato dalla presidente Isabel Perón, n.d.t.) visto tutto ciò che abbiamo analizzato.

In queste condizioni, le mobilitazioni che ci sono state prima del ballottaggio sono state fortemente governate dalla burocrazia sindacale, che ha inscenato un sostegno a Massa. Non c’è stata una tendenza ad una mobilitazione che superasse questi limiti come a suo tempo in Brasile, con lo slogan “Ele nao” contro Bolsonaro, quando chiamammo a votare Haddad. Il nostro voto fu fortemente condizionato da quella situazione. Oggi, invece, il voto a Massa non è in nessun modo un canale che esprima tendenze indipendenti, ma un voto sotto l’estorsione delle conseguenze che può avere il trionfo di Milei.

 

5.Di fronte a questa situazione il Partido Obrero non appoggia politicamente né vota nessuno dei candidati presenti. Siamo consapevoli che una parte dell’elettorato di sinistra si orienta per il voto a Massa, sotto un’estorsione montata ad arte. È necessario rafforzare la spiegazione del fatto che l’orientamento in atto, di un governo di unità nazionale con l’imperialismo, cercherà di utilizzare questi voti per rafforzare una politica antioperaia. Combattiamo Milei e chiamiamo ad affrontare l’unità nazionale di aggiustamento di Massa contro i lavoratori. La definizione del voto in un ballottaggio non è semplicemente una decisione tattica ma coinvolge sempre principi politici. Quando ci siamo posizionati per il voto a Boric, Castillo, Petro o il Mas in Bolivia lo abbiamo fatto consapevoli che si trattasse di usare il voto per affrontare espressioni politiche che arrivavano direttamente per liquidare il quadro creato da grandi ribellioni popolari. Lo abbiamo fatto sulla base di una posizione indipendente e denunciando gli obiettivi delle direzioni nazionaliste in ogni caso. Ma in queste condizioni, è in gioco per i lavoratori la possibilità di continuare a sviluppare grandi mobilitazioni di massa e di strutturare una propria alternativa politica sulla base di esse. Nel caso specifico del voto ad Arce in Bolivia, il voto al MAS si iscriveva nell’enorme ribellione che ha schiacciato il colpo di Stato e che ha costretto alla convocazione delle elezioni. Non chiamare a votare contro varianti fasciste in quelle condizioni significava astenersi in una situazione in cui la lotta elettorale stava esprimendo in maniera deformata uno scontro di classi sociali. Lo stesso si può dire quando abbiamo chiamato a votare Evo Morales davanti a Quiroga, nel 2005. Invece, abbiamo votato “in bianco” (scheda bianca o astensione, d.t.) nel ballottaggio (che non si è mai realizzato) tra Kirchner e Menem nel 2003, anche se apparentemente “non erano la stessa cosa”, perché Kirchner veniva a ricomporre l’autorità dello Stato su altre basi politiche, caduto il governo di De la Rúa ed esaurita l’esperienza di Duhalde. Una corrente operaia in un Paese oppresso non può essere estranea ad uno scontro politico tra classi sociali, pur agendo in totale indipendenza dalle direzioni della piccola borghesia. Ancor meno ci si deve astenere in uno scontro con l’imperialismo, tanto più quando comporta la mobilitazione delle forze della classe operaia e della piccola borghesia. Ma nella situazione attuale, l’imperialismo sotto l’ala di Biden è con Massa, che inoltre chiede di inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche del paese, e conta sulla burocrazia sindacale per garantire la passività della classe operaia in nome di un maggiore adeguamento contro i lavoratori. Questo rifiuto dell’astensionismo rispetto ai grandi shock di classe non può essere confuso con un confronto di programmi secondo il parametro del “male minore”. I programmi della borghesia non sono mai “gli stessi”, né “quasi gli stessi”. Non erano “la stessa cosa” tra Fernández e Macri e tra Macri e Scioli, perché proponevano varianti diverse all’interno della borghesia per affrontare i problemi posti dalla crisi nazionale e dall’esaurimento dello schema economico del kirchnerismo. Non erano la stessa cosa tra Macron e Le Pen, e chiedemmo di votare in bianco, nonostante le caratteristiche fasciste di Le Pen, Macron però rappresentava senza dubbio la variante più adatta agli interessi dell’imperialismo francese e dell’Unione Europea e un aggravamento del carattere repressivo della democrazia, come si è visto di fronte ai grandi scioperi sulle pensioni o alla ribellione dei giovani immigrati. Non erano la stessa cosa nemmeno Trump e Biden. Lo scontro tra i due è arrivato al punto che il magnate immobiliare ha promosso un colpo di Stato con la presa del Campidoglio. Il candidato democratico, tuttavia, era l’opzione che contava sul favoritismo della classe capitalista e in questo senso, abbiamo difeso una via e delle candidature indipendenti, in opposizione alla sottomissione della sinistra al Partito Democratico, un pilastro dell’ordine imperialista.

 

6.Il governo di unità nazionale con la destra, lungi dal porre fine al Mileismo, alimenterà le posizioni fasciste. Per questo invitiamo i lavoratori a deliberare e organizzarsi per affrontare l’esito della crisi che si avvicina. In funzione di questo obiettivo il Partido Obrero convocherà i settori combattivi e indipendenti del movimento operaio e popolare, e la sinistra, per sollecitare istanze di deliberazione, organizzazione e mobilitazione allo scopo di rafforzare un blocco di lotta e di indipendenza di classe.

La mappa politica del paese si sta riconfigurando in due varianti fortemente di destra: da un lato il blocco pro-imperialista di Massa accanto all’Unione Civica Radicale, dal l’altro un blocco Macri-Mileista che deve ancora uniformare un proprio disegno nel quadro della campagna pre-ballottaggio. Questo nuovo allineamento di forze rivela uno spostamento a destra che riflette il peso dell’agenda della borghesia nella situazione politica e la relativa debolezza della classe operaia. Massa è il Menem di questa tappa, nata dal peronismo con l’agenda del FMI XXIesimo secolo: austerità fiscale, rimpatrio e ristrutturazione del debito contro le masse, ulteriori riforme del lavoro, riforme anti-previdenziali, tariffe, colonizzazione del litio, di Vacca Morta (grande giacimento di petrolio e gas in Patagonia, n.d.t.) e altre risorse strategiche.

 

7.Per lottare su tali basi il Partido Obrero farà dichiarazioni nazionali e organizzerà discorsi e manifestazioni per diffondere la sua posizione. Finché reggerà una posizione corrispondente con i partiti del Fronte di Sinistra-Unità (FIT-U) promuoveremo attività di fronte unico. Combattiamo il reazionario Milei e affrontiamo l’unità nazionale di Massa contro i lavoratori. Non votiamo né l’uno né l’altro.

 

Link al testo originale:

 

https://po.org.ar/comunicados/no-apoyamos-politicamente-ni-votamos-ni-a-milei-ni-a-massa/

 

https://prensaobrera.com/politicas/no-apoyamos-politicamente-ni-votamos-ni-a-milei-ni-a-massa

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